Le 5 R degli oggetti promozionali Skip to main content

Se ti dicessero che esistono 5 metriche + 1 che ti permettono di essere sempre un passo avanti rispetto ai tuoi prospect e/0 clienti? Di anticipare i loro desideri e le loro necessità? Di condizionare le loro decisioni?

Hai mai sentito parlare delle 5R? Leggi l’articolo e scopri di cosa si tratta! E il +1? Quello che lo mettiamo noi!

Quando si desidera tastare il polso della PTO (Promozione Tramite Oggetto), l’elenco delle fonti da considerare non può prescindere dalla PPAI (Promotional Products Association International). Dal 1903, infatti, rappresenta la più grande associazione commerciale no-profit nell’industria dei gadget.

Tra i suoi studi, spicca per portata innovativa il PPAI Consumer study del 2017. Nel contributo citato si adotta un inedito approccio quantitativo per individuare il ruolo dei prodotti promozionali nel comportamento quotidiano dei consumer. Nello specifico, la PPAI si affida a cinque metriche chiave per valutare le reazioni dei clienti agli oggetti promozionali: Reach, Recall, Resonance, Reaction e Relativity. Già, le 5 R!

1. Reach, la copertura del brand

Il primo KPI si riferisce alla capacità dei prodotti promozionali di aumentare la copertura di un brand. In altri termini, la sua esposizione ai consumer. Secondo gli analisti della PPAI, i gadget rafforzano i valori condivisi e la reputation del brand. Il loro potere comunicativo è quindi legato alla indiscussa visibilità che danno a un marchio, misurabile (e misurata dalla PPAI) secondo tre parametri: frequenza, durata e potenziale di esposizione.

Ad esempio, emerge che l’81% dei consumatori tiene i prodotti i promozionali per più di un anno. O, ancora, che 8 consumatori su 10 scelgono di donare un prodotto promozionale ad altri individui, aumentandone la penetrazione tra i prospect.

2. Non scordarti la Recall

La domanda è semplice: gli oggetti promozionali creano awareness nell’utente, inducendo un’efficace brand recall? Ebbene, il 90% dei consumatori ricorda il nome di un brand che ha donato dei gadget; l’80% tiene poi a mente anche il messaggio pubblicitario e per il 70% vale lo stesso anche per la CTA.

Insomma, i prodotti promozionali assolvono egregiamente una triplice funzione: comunicare l’identità del brand con un logo, veicolare un messaggio connettendo brand e consumer e portare l’utente ad attivarsi in risposta a una CTA.

3. Resonance, alla ricerca di risposte positive

Secondo lo studio della PPAI sulle 5 R, è lampante che gli oggetti promozionali aumentano la percezione positiva di un brand o un prodotto. Di per sé, un gadget risponde a quanto affermato dal guru del marketing Seth Godin in un’intervista al portale The Millionaire: “Vende chi trasferisce emozioni”. E un prodotto promozionale non fa altro che far risuonare nel consumatore le emozioni e i valori che un brand può suscitare.

L’efficacia emotiva di un gadget si palesa anche nelle dichiarazioni degli intervistati dalla PPAI. Il 71% dei consumer dichiara di esser felice quando riceve un prodotto promozionale, il 52% dimostra interesse e il 46% prova gratitudine o apprezzamento. Proseguendo, il 29% resta sorpreso, il 28% si sente speciale e il 23% si definisce più connesso al brand. In generale, la brand reputation aumenta nell’82% dei casi: questa è molto più che awareness!

4. Non servono i social per una Reaction

“Non vogliamo che le persone comprino un marchio. Vogliamo che acquistino un marchio, per renderlo parte della loro vita”. L’assioma di Stan Richards (fondatore del colosso The Richards Group) spiega quanto sia fondamentale per un gadget ispirare e fidelizzare i consumatori. Perché è qui che prende forma la brand loyalty: nella quarta delle 5 R.

E così il 79% dei consumer ricontatta l’azienda che ha donato un gadget (l’87% per la Generazione Y). L’83% dichiara perfino esplicitamente che è più propenso ad acquistare beni da brand che fanno PTO, scartando i competitor.

5. Teoria (e pratica) della Relativity

Generazione X o Silent Generation, Baby Boomers o Millenials: si tratta di una vittoria unanime. I partecipanti di ogni età allo studio quantitativo della PPAI hanno votato i prodotti promozionali come medium più ingaggiante e in grado di convertire una CTA in azione. E la concorrenza era spietata: tra gli altri canali dell’advertising a concorrere per la vittoria c’erano TV, mobile, online e stampa.

Va poi considerato anche il calo della capacità media di concentrazione degli utenti. Secondo le ricerche di Claudio Vaccaro (noto digital entrepreneur italiano), attualmente si attesta intorno agli 8 secondi. Un discorso che vale soprattutto sul web, dove i rilievi dell’eye-tracking hanno definito il nuovo fenomeno della banner blindness. E questo è solo uno dei motivi per cui i marketer continuano a investire in canali dove il ROI ha probabilità più consistenti, proprio come i gadget promozionali.

Next step delle 5 R: il neuromarketing

Le analisi della PPAI, le 5 R e i contributi degli altri principali studi del settore sono disponibili anche nel report “Dove va il mondo del gadget”.

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